IVA al 21% rischiosa per la salute pubblica. Prevenzione compromessa.
(Cremona, 27 giugno 2011) - "Con questa manovra il Governo volta le spalle alla salute degli animali". L'Associazione Nazionale Medici Veterinari Italiani (ANMVI) definisce folle e rischioso considerare la sanità veterinaria come un bene di consumo infierendo con l'aumento dell'IVA al 21%, "un'imposta che nemmeno dovrebbe esistere in sanità veterinaria- commenta Carlo Scotti delegato ANMVI ai rapporti istituzionali- e che da anni sopportiamo a livelli da bene di consumo superfluo".
Infatti, anche se sono prestazioni sanitarie, le cure medico-veterinarie non sono esentate dall'IVA e sopportano l'aliquota più alta, il 20%.
Eppure incidono sulla sanità pubblica del Paese, perché la sanità veterinaria è strettamente collegata alla salute dell'uomo, basti pensare alle malattie trasmissibili. E a interventi vaccinali obbligatori, essenziali o strategici per la salute pubblica, alle attività di sterilizzazione per la prevenzione del randagismo e il controllo della popolazione animale su cani e gatti di proprietà, e molto altro.
L'ANMVI si appella ai Ministeri, ai Ministri e ai Sottosegretari che si professano dalla parte della tutela del benessere animale e della sanità veterinaria: "Ci aspettiamo un deciso intervento contrario all'aumento dell'IVA e uno altrettanto convinto per ridurla".
"Coinvolgeremo anche le Commissioni Parlamentari e le voci della società civile- dichiara Carlo Scotti - per denunciare la sconfitta di tutte le politiche di sanità veterinaria messe in campo fino ad ora e la definitiva compromissione di tutte quelle a venire. La prevenzione e la sanità veterinaria tassate al 21% sono una follia fiscale".
Ufficio Stampa ANMVI
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