LA VIOLENZA NON E’ GENETICA NEL CANE COME NON LO E’ NELL’UOMO
Quattro motivi per abbandonare la logica della black list
(Cremona, 8 luglio 2008) - Ci sono almeno quattro ragioni per essere contrari alle black list e le ha elencate il Presidente della Società Italiana di Scienze Comportamentali Applicate (SISCA- Federata ANMVI), Raimondo Colangeli, medico veterinario comportamentalista, tra gli esperti che hanno partecipato oggi al tavolo per il benessere animale voluto dal Sottosegretario Francesca Martini:
1. In Italia non abbiamo una panoramica reale delle aggressioni, in quanto sono refertate dai servizi del sistema sanitario in percentuale significativa solo le aggressioni che avvengono all’esterno delle abitazioni e verso estranei: i proprietari “difendono i loro pet (cani, gatti, ecc.) minimizzando” i comportamenti di aggressione nei loro confronti oall’interno delle mura domestiche. Dall’analisi del quadro epidemiologico i dati risultano falsati e quindi non attendibili. Nonostante ciò se si controllassero le aggressioni legate ai soggetti delle razze in questione se ne potrebbe facilmente dedurre che il numero di aggressioni legate ai suddetti soggetti risultano molto meno importanti rispetto a soggetti di razze che neanche figurano nelle varie ordinanze ministeriali.
2. Una causa socio-culturale porta a scegliere alcuni tipi di razze per esaltare una violenza sociale di alcuni individui, ma qui non vi è nulla di genetico (nei cani come negli umani). La formazione dei proprietari e di tutti gli attori della filiera dell’animale da compagnia è la soluzione del problema.
3. Razze canine considerate mansuete hanno dei comportamenti di aggressione legate a delle patologie comportamentali legate a protocolli di allevamento che non sono attenti ad uno sviluppo comportamentale di un soggetto che porta alla socializzazione intra e interspecifica, all’autocontrollo, alla esplorazione e conoscenza degli stimoli dell’ambiente di vita futura. Anche i cani che provengono da rifugi vengono abilmente “piazzati” facendo leva sul sentimento delle persone, senza una valutazione dell’animale e una formazione della famiglia adottante, con il risultato di avere dei cani “fobici sociali” con comportamenti di aggressione per paura.
La razza non ha la minima importanza ai fini del rilevamento epidemiologico. 3. Va contrastato qualunque addestramento che tenda ad aumentare o modificare sequenzialmente il comportamento di aggressione di un cane: come in altri paesi europei l’addestramento all’attacco deve essere strettamente regolamentato. I cani morsicatori devono essere valutati ed in caso aiutati attraverso una terapia mirata.
In conclusione, i cani sono esseri senzienti (come sottolinea lo stesso Trattato di Lisbona), sono animali estremamente sociali, dotati di aree cognitive ed emozionali che individualmente vengono modificate, arricchite con la collaborazione e l’aiuto di quell’Uomo con cui condivide la vita da 100.000 anni.
Ufficio Stampa ANMVI
Associazione Nazionale Medici Veterinari Italiani
0372/40.35.47