L’Ordinanza che obbliga la bollitura del latte crudo fa discutere.
AIVEMP: non c’è nessun complotto contro il "buon latte di una volta"
(Cremona, 9 febbraio 2009) - A seguito di un probabile collegamento tra alcuni casi di infezioni da Escherichia coli O157 ed il consumo di latte crudo, il Ministero del Welfare ha emanato un’ordinanza che non vieta questo prodotto ma ne stabilisce alcune regole di consumo. “Alla luce dei dati scientifici disponibili - dichiara Bartolomeo Griglio, Presidente AIVEMP (Associazione Italiana Veterinaria di Medicina Pubblica federata ANMVI) - e degli attuali orientamenti della società che richiedono l’assunzione di decisioni basate sul principio di precauzione, tante volte invocato, è difficile affermare che vi sia un complotto contro i piccoli produttori del “buon latte di una volta” da parte delle grandi aziende produttrici di latte."
“Si tratta- prosegue Griglio- di informazioni che gran parte dei produttori di altri alimenti normalmente in commercio sono tenuti a fornire da sempre e in linea con le indicazioni di gran parte delle organizzazioni internazionali preposte alla salute pubblica e alla sicurezza alimentare che sconsigliano o in alcuni casi vietano la vendita di latte crudo non solo per i rischi collegati all’Escherichia coli ma anche a Campylobacter (causa probabile di almeno 2 focolai di malattia segnalati anche in Italia) o ad altri patogeni”.
Condivisibile anche la scelta di escludere per legge la possibilità di somministrare latte crudo nelle scuole o negli ospedali, “provvedimento drastico ma necessario chiarisce l’esperto- per la scarsa percezione da parte dei consumatori di essere di fronte ad un latte differente dal latte pastorizzato normalmente in vendita non solo per l’assenza di packaging ma anche per l’assenza di trattamenti termici o di filtrazione e quindi con un livello di sicurezza inferiore, se consumato tal quale, in grado di rappresentare un potenziale pericolo per alcune fasce della popolazione”.
“Ancora una volta è la conclusione- occorre sottolineare come la medicina veterinaria pubblica, rivendicando il ruolo di garante della sicurezza delle filiere produttive degli alimenti di origine animale, debba mettere in campo tutte le proprie competenze non solo per i controlli ma anche per campagne di comunicazione all’interno del sistema sanitario, nelle scuole, in collaborazione con i comuni, che le consentano di diventare un punto di riferimento per l’opinione pubblica, ruolo oggi troppo spesso presidiato da altri soggetti che hanno come obiettivo prioritario non la salute dei cittadini ma il proprio interesse commerciale”.
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