Il consumo di latte crudo non è indicato a tutti Informare non basta: il veterinario aziendale e le buone pratiche devono entrare a pieno titolo negli allevamenti.
Cremona 4 dicembre 2008 - E’ fuori di dubbio che nel latte crudo vi siano potenziali di rischio. Per i medici veterinari di medicina pubblica dell’AIVEMP ( Associazione Italiana Veterinari di Medicina Pubblica federata ANMVI) la vendita diretta di latte crudo, dal produttore al consumatore, richiede molta prudenza dal punto di vista sanitario. “Bene fa il Ministero della salute dichiara il Presidente Bartolomeo Griglio- a tenere un atteggiamento di cautela verso una iniziativa che nasce con legittimi presupposti economico-produttivi, ma che va tenuta sotto stretto controllo”.
“La distribuzione di latte non pastorizzato non è infatti indicata per tutti i consumatori- spiega Griglio- la letteratura scientifica ha dimostrato che esiste una correlazione, ad esempio tra la presenza di agenti patogeni nel latte e le condizioni sanitarie di persone già interessate da patologie o in soggetti più esposti ad infezioni quali i bambini, le donne in gravidanza e gli anziani. La distribuzione di questo alimento non può quindi essere incoraggiata indiscriminatamente, men che meno in sedi dove la somministrazione può risultare difficilmente controllabile (ad esempio nelle scuole). E’ pertanto necessario raggiungere il consumatore con le dovute avvertenze. Ma questo non basta ancora”.
Dal punto di vista della prevenzione veterinaria, la salute degli animali produttori di alimenti deve essere incoraggiata attraverso iniziative di buon funzionamento fra la sanità ed il mondo agricolo, “un raccordo dice il Presidente dell’AIVEMP- che deve trovare il suo perfezionamento, oltre che in incisivi controlli da parte dei Servizi Veterinari pubblici, nell’ingresso ufficiale, per legge, in azienda zootecnica del “veterinario aziendale”, un responsabile sanitario che non soltanto incoraggi l’applicazione di Buone pratiche di allevamento, ma aiuti il produttore a garantire l’igiene e la sicurezza delle produzioni attraverso la garanzia del buon stato clinico del bestiame e l’applicazione di corrette procedure gestionali”.
E’ la stessa politica agricola comunitaria a non transigere in fatto di salute animale e a destinare il sostegno economico agli allevatori europei solo quando sono rispettati criteri di gestione obbligatoria e responsabilizzata quali la salute animale e la sicurezza delle produzioni animali. Anche in questo contesto il veterinario aziendale, responsabile sanitario dell’ allevamento gioca un ruolo fondamentale ,diventando l'interlocutore privilegiato della Sanità Pubblica Veterinaria, nell’aiutare l’allevatore a tenere fede agli impegni chiesti dalla politica agricola comunitaria, una politica dove sono evidenti le interconnessioni fra produzione e sicurezza delle produzioni alimentari.
Questa figura oggi non ha ancora una investitura normativa e, mancando, lascia un vuoto nella rete di biosicurezza dell'azienda e di epidemio-sorveglianza della mandria. Questa maglia rotta nella rete- afferma Griglio- non è ancora stata riparata dai tempi della BSE ed è rimasta lettera morta nei pochi atti normativi ed ufficiali che ne fanno menzione".
Ufficio Stampa ANMVI
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