Come si valutano le ‘condizioni incompatibili’ con la natura dell’animale dal punto di vista giudiziario?
Come si valutano le ‘condizioni incompatibili’ con la natura dell’animale dal punto di vista giudiziario? Qual è il parametro
normativo? Lo spiega la Cassazione nella sentenza del 16 settembre che trattiamo in questo articolo. «La detenzione penalmente rilevante è quella attuata in condizioni incompatibili con la natura degli animali e produttiva di gravi sofferenze, sicché il parametro normativo della natura degli animali, in base al quale la condotta di detenzione assume valenza illecita, richiede, per le specie più note (come ad esempio ai cani, gatti, cavalli) che ci si riferisca al patrimonio di comune esperienza e conoscenza e, per le altre, alle acquisizioni delle scienze naturali». È l’articolo 727 (Abbandono di animali) del Codice Penale a parlare di ‘condizioni incompatibili’: «Chiunque abbandona animali domestici o che abbiano acquisito abitudini della cattività è punito con l’arresto fino ad un anno o con l’ammenda da 1.000 a 10.000 euro. Alla stessa pena soggiace chiunque detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze». Diversamente dal reato di maltrattamento (art. 544ter Cp) che riguarda «chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche». Per la Cassazione dove non ci sia lesione, ma sofferenza per condizioni incompatibili, l’articolo
del Codice Penale da applicare è il 727. (Professione Veterinaria, 30/2014, p. 8)