Al professionista che dice maldicenze verso un collega via mailing list è giusto applicare la sanzione disciplinare.
Al professionista che dice maldicenze verso un collega via mailing list è giusto applicare la sanzione disciplinare. Lo afferma la Cassazione (sentenza n. 20260 del 25 settembre 2014). La seconda sezione civile ha respinto il ricorso di un notaio, già censurato dall’Ordine di appartenenza, perché nella mail oggetto di contestazione affermava che di un Collega - allora Presidente dell’Ordine - non adempiva ad obblighi legali e deontologici. Per la Corte d’appello di Torino, la comunicazione era lesiva sia della persona che della classe notarile in generale. La Corte però, pur riconoscendo la responsabilità del professionista, sostituiva la censura con l’ammonimento. La Cassazione non ha capovolto il verdetto, in quanto il professionista maldicente «che pure implicitamente attribuisca ad un altro, indipendentemente dall’essere questi investito anche di cariche istituzionali, la violazione di un obbligo sia penale sia deontologico, pone in essere una condotta che, se effettuata comunicando con più persone, ha carattere denigratorio e, quindi, rilievo disciplinare in quanto lesiva del prestigio». La Corte ha ritenuto che la frase, oggetto dell’illecito disciplinare, avesse oltrepassato i limiti del diritto di critica, consistendo in affermazioni di carattere denigratorio riferite al notaio, quale presidente del Consiglio, «perché accreditavano il fatto che il professionista non leggesse gli atti da lui predisposti e, perciò, venisse meno non soltanto ai propri doveri
professionali, ma anche al ruolo di rappresentare l’intera categoria». Pertanto, conclude la Cassazione, affermare con una comunicazione via mail e diretta a una mailing list, raggiungendo così una pluralità di utenti iscritti, «che un notaio sia solito rogare i propri atti senza darne lettura alle parti, eccede l’esercizio legittimo del diritto di critica, perché consiste nell’attribuzione di un fatto specifico avente esso stesso rilievo penale e disciplinare, e dunque oggettivamente denigratorio». Né vale il fatto che la comunità di utenti, a sua volta costituita da altri notai, sia limitata e protetta. La comunicazione non perde per questo né la sua natura denigratoria né la sua attitudine a raggiungere una pluralità di persone, «arrecando oggettivo discredito alla categoria professionale non meno che al notaio denigrato». (fonte: cassazione.net)
(Professione Veterinaria, 31/2014, p. 6)