Ai fini del risarcimento conta il danno morale-affettivo. Ma le spese veterinarie…
Il giudice della decima sezione del tribunale civile di Milano si è pronunciato sulla lite sostenuta da due donne che avevano citato in giudizio il vicino perché nel 2008 aveva sparato con un’arma ad aria compressa alle loro gatte, provocando la morte di una delle due dopo alcuni mesi di agonia. La sentenza fa discutere, per come sono state considerate le spese sostenute per cure veterinarie: per il giudice rilevano, sì, ma solo ai fini del ripristino del rapporto affettivo con l’animale, quindi anche la loro entità va considerata in questa chiave interpretativa. Ergo: non tutta la somma spesa può essere meritevole di risarcimento.
LA SENTENZA
Il giudice milanese, all’esito dell’istruttoria, ha accolto la richiesta di risarcimento avanzata dalle proprietarie delle gatte, ma ha drasticamente ridotto la cifra chiesta. Nella sentenza, il giudice Spera ha invece stabilito che la cifra equa per il risarcimento del danno patrimoniale subito dalle donne è di 4mila euro, perché «qualora il proprietario si prodighi in spese veterinarie per curare il proprio animale (seppure quest’ultimo privo di valore economico), tale condotta è finalizzata indubbiamente al mantenimento e al ripristino del rapporto affettivo con l’animale». E «dunque, non pone in essere una condotta conforme ai delineati principi di diligenza e correttezza chi affronti spese veterinarie addirittura superiori al possibile risarcimento del danno compensativo della perdita di tale rapporto». Per le persone «esigenze umanitarie ed affettive ed i valori costituzionali» escludono «in radice, che l’ordinamento possa consentire uno spazio di irrisarcibilità delle cure mediche prestate a seguito di lesione del bene salute». I principi enucleati, però, si legge nella sentenza, «non possono trovare applicazione per quanto attiene alle cure veterinarie, atteso che il nostro ordinamento, tutelando la salute dell’animale non come bene in sé ma come funzionale a garantirne la relazione con l’uomo, certamente non consente la valutazione della lesione di questi interessi». Non è ipotizzabile la autonoma considerazione della «lesione del bene salute del gatto».
TARIFFE MEDIE
Diverso il discorso relativo al danno patrimoniale da 11.054,62 euro lamentato dalle ricorrenti, che Spera ridimensiona in altri 4mila euro. «È indubbio - afferma il giudice - che tali esborsi siano conseguenza immediata e diretta del fatto illecito di cui è causa» e che «siano conformi alle tariffe professionali medie previste per le prestazioni veterinarie effettivamente eseguite».
RISARCIMENTO SOLO MORALE
Alle due donne il giudice ha riconosciuto 2 mila euro a testa di danni morali per il «rapporto interattivo tra proprietario ed animale» che è stato interrotto e che era «idoneo ad appagare esigenze relazionali-affettive certamente meritevoli di tutela da parte dell’ordinamento giuridico». Il risarcimento delle spese veterinarie, invece, è stato quantificato in 4mila euro, equivalente al danno morale, e non in quei 10mila euro che le due donne hanno speso per curare le gatte. «Il danno morale da perdita dell’animale da affezione è ormai riconosciuto da una significativa giurisprudenza di merito», spiega il giudice Spera, «che ne ha talvolta ammesso la risarcibilità anche al di fuori dei casi di danno conseguente a reato». Viceversa, «appare condivisibile il prevalente indirizzo della giurisprudenza di legittimità che nega il risarcimento del danno da perdita dell’animale di affezione quando non concorrano anche gli estremi del reato».
LA COLPA DEL VICINO
Nella sentenza è riconosciuta la colpa del vicino, che ai carabinieri della stazione di Corbetta confessò di aver sparato alle gatte con la sua carabina ad aria compressa in risposta ai danni provocati dai felini al suo giardino. Per questo motivo ha anche tentato di controdenunciare le vicine per omessa custodia degli animali, ricevendo il rigetto da parte del magistrato,
secondo il quale «pur essendo emerso dall’istruttoria che i gatti circolassero liberamente nelle varie proprietà limitrofe, e quindi anche nel giardino del convenuto, non risulta comprovata l’asserita riconducibilità dei danni lamentati alle gatte delle attrici».