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Litigio al ristorante per la “doggy bag”

Proprietari sempre più tutelati. “Uno schifo” il servizio dell’hotel che la nega.

La Cassazione (sentenza 29942/2014) ha dato torto ad un albergatore del Trentino Alto Adige che aveva denunciato un cliente che aveva definito «uno schifo» i servizi dell’hotel che vietavano la «doggy bag» e il riempimento della borraccia. Per i giudici fa ormai parte delle regole «comunemente accettate nella civile convivenza» permettere ai clienti di ristoranti e alberghi di portar via dal tavolo il cibo avanzato per darlo ai propri cani. È anche ammesso il diritto di riempire la propria borraccia con l’acqua che è rimasta nella bottiglia. Un friulano di 76 anni, aveva avuto un diverbio con i proprietari dell’hotel e aveva anche rilasciato un’intervista alla stampa locale per lamentarsi dei disservizi subiti. Per quanto riguarda l’intervista, i giudici lo avevano assolto dall’accusa di ingiuria ritenendo un suo «legittimo esercizio del diritto di critica» esternare il suo parere («uno schifo») - sull’hotel. Per la stessa frase, invece, era stato condannato per ingiuria a risarcire gli albergatori e anche alla condanna penale (la cui entità non è riportata in sentenza). La Cassazione l’ha assolto anche da questa seconda imputazione, perché al cliente doveva essere riconosciuta «l’esimente della provocazione» dal momento che la sua esternazione costituiva «l’effettiva e sostanzialmente immediata reazione ai disservizi subiti ed all’imposizione di regole» (il divieto della «doggy bag» e di riempire la borraccia) «non irragionevolmente ritenute pretestuose ed ingiuste dall’imputato». Secondo gli ermellini ci si può giustamente sentire provocati «anche dalla lesione di regole comunemente accettate nella civile convivenza». Tra queste rientra l’usanza di portarsi via dal ristorante gli avanzi per il cane e di rifornire la propria borraccia in vista delle gite. La fattispecie “integra effettivamente - dicono i Giudici - quella tipizzata dal secondo comma dell’articolo 599 del codice penale, atteso che il fatto ingiusto altrui può essere costituito anche dalla lesione di regole comunemente accettate nella civile convivenza”. Così recita il Codice Penale in fatto di ritorsione e provocazione: “(…) se le offese sono reciproche, il giudice può dichiarare non punibili uno o entrambi gli offensori. Non è punibile chi ha commesso alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 594 e 595 nello stato d’ira determinato da un fatto ingiusto altrui, e subito dopo di esso. La disposizione della prima parte di questo articolo si applica anche all’offensore che non abbia proposto querela per le offese ricevute”. L’imputato risulta dunque “non punibile ai sensi dell’articolo 599 comma 2 cp, avendo agito nello stato d’ira determinato dal fatto ingiusto altrui”.

LA MASSIMA

Non risponde del reato di ingiuria chi usa epiteti negativi contro il proprietario del ristorante che non permette di portare via gli avanzi per il cane perché sussiste l’esimente della provocazione per l’immediata reazione ai disservizi subiti e all’imposizione di regole ritenute pretestuose e ingiuste. (Professione Veterinaria, 25/2014, p. 5)

 pdfN._25_LUGLIO_2014.pdf

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