Giusto rassicurare i consumatori italiani, ma da questa crisi alla diossina bisogna imparare a raddrizzare il tiro. Due i punti fermi: 1) rinnovare il modello classico della vigilanza sulla sicurezza alimentare  2) garantire continuità di controlli negli UVAC

(Cremona, 9 dicembre 2008) - Che almeno ci faccia raddrizzare il tiro, questa crisi della diossina, che proviene da un paese dove i sistemi veterinari europei hanno installato (ironia della sorte) il quartiere generale delle ispezioni in Europa e nel mondo.

E’ il commento dell’ANMVI (Associazione Nazionale Medici Veterinari Italiani) all’ennesimo allarme alimentare: è  arrivato il momento di cambiare il modello classico della vigilanza e “imporre” alle Regioni e alle ASL di riprodurre sul territorio la struttura centrale, integrandola con la componente professionale. E ancora una volta si registra una grave contaminazione della filiera, dei primi anelli, il mangimificio, punto debole della catena di produzione. E’ giunto il momento di “imporre” alle Regioni l’attivazione del dipartimento per la Sicurezza Alimentare nei loro organigramma ed in quelli delle ASL, sul modello di quello ministeriale, integrato della componente professionale.

La crisi della carne irlandese suggerisce che non bastano i Servizi pubblici creati sulla base della componente strutturale della Medicina Pubblica: servono anche strutture orizzontali che assorbano la componente funzionale della professione. Non basta più il modello basato sulla medicina classica della salute del bestiame o sulla vigilanza degli stabilimenti alimentari; serve un modello che specializzi il medico veterinario pubblico secondo una funzione di  “controllo globale della filiera”, uguale a quello del Ministero centrale: la sanità animale, la gestione del rischio e la valutazione e la comunicazione del rischio alimentare, affiancati da un apparato di controllo analitico come la rete degli Zooprofilattici e dell’Istituto Superiore di Sanità possono dare più efficacia ai controlli e tranquillizzare il consumatore.

E allora il Ministero si dia da fare affinché le Regioni e le ASL promuovano lo stesso modello centrale anche in periferia. Insomma è venuto il momento in cui il controllo deve partire dal campo, con una vigilanza sulla produzione vegetale e mangimistica, includa i veterinari delle aziende e degli allevamenti e chiuda il cerchio con i medici veterinari pubblici che valutano i rischi aziendali e li gestiscano durante le crisi.

E quanto agli UVAC, gli uffici per gli adempimenti comunitari su cui si basano i controlli delle carni alla diossina oggi come della melamina ieri, è ora che possano contare su personale stabile, come pure gli uffici trasfrontalieri (PIF) dislocati nelle regioni. Questi uffici lavorano con personale a termine, mentre le crisi alimentari degli ultimi anni ne hanno reso sempre più necessario il ruolo e la funzione.

Ufficio Stampa ANMVI

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pdfCOMUNICATO STAMPA 9 DICEMBRE 2008